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Pirotino e Manuelo preparano la sparata
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Nella Riviera di Levante, le salve di saluto, i colpi per i festeggiamenti nelle feste patronali hanno una tradizione antichissima e sono i sostituti civili delle salve di cannone militari e il loro utilizzo si fa risalire almeno al XVII secolo.
A Recco questa tradizione risale fino agli inizi del 1400 ed è legata al culto della "SUFFRAGINA", la Madonna del Suffragio, patrona e protettrice della città.
Nella chiesa di Megli è conservata una tavoletta ex voto risalente al 1700 dove si vede un uomo con il cappello a tricorno che segue una sparata di "mascoli".
Inoltre il Sac. Giacomo Olcese nel suo libro del 1896 "Storia di Recco" riporta a proposito dei "mascoli": "…il giorno 8 settembre d'ogni anno è straordinario il numero di forestieri che viene a Recco e per assistere alle solenni religiose funzioni, alle splendide illuminazioni, alle lunghe e tradizionali sparate di migliaia e migliaia di mortaretti, come pure alla solenne e imponente processione, e ai fuochi a mare e di terra…"
E ancora il grande narratore francese Henry Stendhal che visitò Recco nel 1818 nei giorni 8 e 9 settembre scriveva: "C'è stata la festa della Madonna di Recco. Vi sono andato con le nipotine dell'antico Doge S. che furono educate nelle Fiandre in un monastero di cui mia zia fu badessa. Eravamo in dieci montati sopra asini… Qui sento il rumore dei fucili e dei mortaretti sparati in onore della Madonna da questa gente avara e ladra che appena interrompe la solitudine di questi monti… Sono le dieci e lo spettacolo diventa più sublime ad ogni istante…"
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Sparata di mascoli del Quartiere S. Martino
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Le salve di saluto in occasione di feste e manifestazioni non potevano essere affidate ai cannoni custoditi nelle fortezze della Repubblica di Genova, spesso mal ridotti e poi nei centri minori non esistevano cannoni.
Si inventarono allora del congegni metallici di piccole dimensioni definiti nel linguaggio popolare "mascoli", facilmente caricabili con minime quantità di polvere da sparo, trasportabili e sistemabili laddove era necessario collocarli per comporre anche dei disegni che scoppiavano in grande stile: i cosiddetti "riondini".
L'uso di questi congegni è generalizzato nei giorni di festa in tutti i centri liguri.
Il "mascolo" è un cilindro di ferro con una base piatta che si adatta al suolo, con un'altezza compresa tra 8 e 15 cm, con uno spessore adeguato all'altezza (camicia) di almeno 1 cm e con un foro all'estremità inferiore sul lato verticale detto "aboggino" per il collegamento della striscia di polvere nera che unisce i vari "mascoli" di una sparata che rumoreggiano in rapida successione.
Il peso di un "mascolo" è di circa 2 kg, lo spessore della camicia è garanzia contro l'esplosione del "mascolo" e la quantità di polvere da sparo collocata in ogni elemento è di circa 15 grammi che viene pressata e ricoperta con segatura.
Il leggendario "Titta" Macchiavello porta la sparata del Quartiere Verzemma
Ogni quartiere possiede e conserva gelosamente migliaia di "mascoli", tramandati di generazione in generazione.
Una "sparata" è composta da circa 1000-2500 "mascoli" di cui la metà viene usata per la "riga" e il resto per il "riondino" .
La "riga" consiste in un susseguirsi di "mascoli" posti su un sentiero di sabbia a distanza regolare di circa 40/50 centimetri l'uno dall'altro, collegati dalla riga di polvere nera adagiata su un letto di segatura.
Il culmine della sparata è il "riondino", un insieme di "mascoli" disposti a triangolo isoscele rovesciato, posti a distanza che varia da circa 50 centimetri iniziali fino a circa 10 centimetri e che esplodono sempre più velocemente, in un crescendo di botti.
Al termine del "riondino" vengono collocati una decina di "mascoli" di maggiori dimensioni detti "fulminin" che producono un botto fragoroso e contengono una quantità maggiore di polvere pirica.
La sparata viene accesa con il "bettone", un attrezzo apposito che ha alla sua estremità una palla di ferro che viene arroventata per poter incendiare la polvere e i "mascoli" sono innescati grazie alla riga che una volta incendiata, porta il fuoco all'interno degli stessi tramite l'"abboggino".
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Sparata di mascoli con bengala colorati del Quartiere Collodari
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La sparata viene "seguita" dai volontari dei Quartieri che, come da antiche tradizioni votive verso la Celeste Patrona, controllano che non si spenga la striscia, passandosi di tratto in tratto il "bettone" stesso, per integrare la polvere che brucia con una maggiore sicurezza.
I "mascoli "sono innocui perché non c'è lancio in aria o lateralmente di materiale infuocato o esplosivo in quanto la forte deflagrazione avviene all'interno del "mascolo" stesso grazie alla forte compressione della polvere nera che viene espulsa provocando rumore.
Non si ricordano nel tempo incidenti di sorta né per lesioni da scoppio né per abrasioni da scottature né tanto meno per danneggiamento di cose.
Non sussiste nessun pericolo di esplosione accidentale o per "simpatia" non essendoci inneschi detonanti ed essendo ogni elemento tenuto a distanza dagli altri.
Oggi le sparate avvengono sul greto del torrente Recco e in zone periferiche su terreni appositamente preparati e puliti adeguatamente dove vengono effettuati i percorsi con l'eliminazione di sassi e pietrisco e con la stesura di un letto adeguato di sabbia fine dove poi vengono posizionati tutti i "mascoli".
La quantità maggiore di polvere nera viene utilizzata per "rigare" la sparata cioè per collegare in serie ogni singolo "mascolo" dando il via con il "bettone" alla suggestiva "lingua di fuoco".
Nel 2001 alla luce delle nuove normative in materia e al termine di una lunga ed epica battaglia conclusasi con successo per il riconoscimento presso il Ministero degli Interni di questa antica tradizione, circa 150 volontari dei 7 Quartieri cittadini capitanati dal sindaco e dal parroco hanno conseguito in seguito ad un esame presso la prefettura, il "patentino" ovvero l'abilitazione tecnica ora necessaria per poter caricare e sparare i "mascoli".
Questo non ha costituito un ostacoli anzi è stata l'occasione per far nascere l'"Università dei Fuochi" di Recco che tutti gli anni prepara i giovani per il conseguimento del "patentino" necessario per proseguire la grande tradizione degli "antichi mortaletti liguri"
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